Una nuova consapevolezza comunicativa

Comprendere il linguaggio non verbale per migliorare l’inserimento nella società e le relazioni personali e professionali

M. Grazia Busà, Arianna Notaro

Descrizione e obiettivi

Comprendere le differenze di linguaggio non verbale nelle diverse culture è fondamentale per migliorare la comunicazione interculturale. Nella prima fase del progetto IMPACT è stata condotta un’indagine con l’obiettivo di indagare il grado di consapevolezza degli utenti in merito alla comunicazione non verbale.

La raccolta dati

In questa fase sono stati contattati 169 enti, cooperative ed associazioni della Regione Veneto che lavorano a stretto contatto con i migranti.

Di questi 169 enti, 24 hanno preso parte alla ricerca, per un campione totale di 54 persone partecipanti.

Successivamente è stata condotta un’indagine tramite un questionario, il quale prevedeva domande create sulla base di incontri, interviste, focus group e osservazioni sul campo con gli operatori. Le domande a risposta singola, multipla e aperta avevano lo scopo di ottenere dati di tipo quantitativo e qualitativo sugli operatori, sui migranti e sulla consapevolezza sul linguaggio non verbale, in particolare su sguardo, gesti di saluto, gesti emblematici, spazio personale, contatto fisico e uso della voce.

Il questionario era suddiviso in quattro parti:

  1. Informazioni su operatori e volontari;
  2. Informazioni sui migranti;
  3. Il ruolo della comunicazione non verbale nelle interazioni tra operatori e migranti;
  4. La consapevolezza della comunicazione non verbale come risorsa.
Questionario

analisi dei dati

Gli operatori

Gli operatori che hanno preso parte al progetto sono ripartiti tra le diverse province della Regione Veneto, in particolare 11 di Padova, 4 di Vicenza, 4 di Treviso, 3 di Verona, 1 di Belluno e 1 di Rovigo.

La cittadinanza degli operatori è quasi esclusivamente italiana (92%), mentre solo una minima parte (8%) è di nazionalità marocchina, burkinabé, ghanese e croata.

I ruoli ricoperti dagli operatori sono principalmente insegnante (58%) e operatore di accoglienza (22%), il restante (20%) ricopre ruoli come mediatore culturale, coordinatore e responsabile delle attività di sportello.

I migranti

La maggioranza dei migranti ha un’età inferiore ai 35 anni, le due principali fasce d’età sono 19-25 anni (36,54%) e 26-35 anni (34,62%). Il resto dei migranti è minorenne (10%), appartiene alla fascia 36-50 anni (13,46%) o ha oltre 50 anni (4.8%). 

La quasi totalità dei migranti risiede in Italia da almeno un anno, il 52,17% da oltre due anni e il 37,68% da un periodo fra uno e due anni. Solo il 10,15% risiede in Italia da meno di un anno. La popolazione migrante rappresentata proviene principalmente dall’Africa (43%), in particolare dal Marocco, Nigeria, Ghana, Mali e Senegal; a seguire dall’Asia (24%), dall’est Europa (22%) e dall’America Latina (11%). La maggioranza del campione ha una istruzione pari alla scuola di primo grado, con un grado di analfabetismo che è al di sotto del 10% sul totale dei migranti che frequentano le associazioni.

Le lingue usate sono principalmente inglese, francese e arabo, mentre il livello di conoscenza della lingua italiana è mediamente basso o quasi assente.

Il ruolo della comunicazione non verbale nelle interazioni

Dall’analisi delle esperienze e degli esempi riportati dagli operatori si rileva un interesse generale ad approfondire le competenze di comunicazione non verbale interculturale al fine di migliorare i processi di integrazione e inclusione dei migranti.

Ruolo della comunicazione non verbale

Interpretazione e uso dello sguardo

Più della metà degli operatori intervistati (59%) ha sperimentato situazioni in cui il contatto visivo è stato fonte di fraintendimenti comunicativi o disagi. In particolare gli esempi riportati mostrano come i migranti provenienti dall’Asia (in particolare dalla Cina) e dall’Africa, usano ed interpretano il contatto visivo in modo differente rispetto al mondo occidentale.

Per esempio, per la cultura occidentale il contatto visivo sostenuto è segno di educazione e rispetto, mentre per la cultura africana un contatto visivo eccessivo può essere considerato irrispettoso e maleducato, soprattutto se gli interlocutori hanno uno status sociale o un genere differente.

Nel caso delle culture asiatiche vengono citati casi in cui le differenze di uso e interpretazione dello sguardo tra operatori e migranti hanno creato disagio nella comunicazione con donne e bambini.

Per esempio, questi tendono ad abbassare lo sguardo in segno di rispetto ma ciò può essere percepito dagli operatori come una forma di mancanza di rispetto.

Tuttavia, il nostro sondaggio indica che solo pochi operatori sono interessati a comprendere gli usi e i significati dello sguardo interculturale.

Alcuni esempi, riportati dagli operatori, di problemi di comunicazione dovuti a differenze interculturali nell’uso dello sguardo:

  • “I bambini cinesi a scuola non mi guardano negli occhi”;
  • “Mi è capitato di non essere guardato e l’ho percepito come una forma di non considerazione verso di me”;
  • “Quando si parla ad un allievo africano o asiatico lo studente abbassa lo sguardo per quello che è, per loro, un segno di rispetto”;
  • “È molto diffuso che le persone di provenienza africana non guardino l’interlocutore negli occhi (culturalmente interpretato come segno di non rispetto). Questo ha creato qualche difficoltà nei colloqui lavorativi”.
Esempi differenze gesti

Interpretazione dei saluti

Gli operatori hanno riportato esempi in cui i saluti che prevedono il contatto fisico, come ad esempio la stretta di mano o il bacio sulla guancia, sono spesso causa di incomprensione o disagio, soprattutto con i migranti dell’Africa e dell’area Medio-Orientale.

Alcuni esempi riportati dagli operatori:

  • “Nei confronti delle persone che stimano/di cui si fidano il saluto è più deciso, mentre nei confronti di altre persone sono tendenzialmente meno sicuri e il tono di voce è più flebile”;
  • “Mi è capitato un episodio in cui non mi è stata data la mano in quanto donna”;
  • “Spesso le usanze relative ai saluti non vengono interpretate correttamente e questo può portare alla perdita di confidenza e alla creazione di disagi”.

Interpretazione dei gesti

Diversi operatori (37%) hanno riportato episodi in cui i gesti che gli italiani usano per indicare qualcosa o chiamare qualcuno non sono stati interpretati correttamente dai migranti.

Sono stati inoltre riportati esempi di alcuni gesti fatti usando la mano sinistra che sono stati fraintesi dai migranti africani, pakistani e marocchini. Infine, alcuni gesti sono considerati dei tabù in alcune culture

Alcuni degli esempi riportati dagli operatori:

  • “Il gesto che noi italiani usiamo per indicare l’azione di andare in bicicletta, mani che roteano, non è stato interpretato correttamente da una studentessa nigeriana”;
  • “Disagi nelle situazioni in cui usiamo gesti per riprendere gli alunni. Questi sono stati interpretati come offese”;
  • “Un episodio con una donna nigeriana, che mi ha spiegato che porgere la mano sinistra significa mancanza di rispetto, soprattutto se la persona a cui si porge la mano è adulta rispetto a noi”;
  • “Le persone indiane per annuire scuotono la testa con un movimento che per noi è interpretabile come una negazione. Le persone russe non sorridono in situazioni in cui noi ce lo aspettiamo perché nel loro paese passerebbero per stupide o superficiali”;
  • “In Nigeria il gesto del pollice per l’autostop è considerato un pesante insulto sessuale”;
  • “Molti gesti che usiamo da noi italiani per chiamare qualcuno o indicare qualcosa o qualcuno non stati compresi dai migranti”.
Esempi riportati dagli operatori

Uso dello spazio interpersonale e contatto fisico

Gli operatori hanno mostrato una discreta sensibilità nella gestione della distanza interpersonale, soprattutto tra generi diversi, riportando come la vicinanza tra uomo e donna di etnie diverse abbia creato situazioni di imbarazzo, in particolare per motivi legati alle differenti credenze religiose (es: donne musulmane e uomini di altre religioni). 

In un contesto educativo, alcuni operatori (6,6%) hanno riportato che la disposizione e la vicinanza dei banchi può essere fonte di imbarazzo e disagio tra gli studenti di culture diverse. Alcuni insegnanti hanno condiviso esempi in cui l’azione di avvicinarsi agli studenti stranieri è stata percepita come invasione del loro spazio, provocando emozioni di paura e portando al rifiuto del contatto.

Alcuni degli esempi riportati dagli operatori:

  • “È capitato che alcune posizioni di “attesa” usate dagli operatori italiani venissero fraintese come espressioni di poco interesse”;
  • “L’invasione dello spazio personale provoca emozioni di paura”;
  • “Il contatto fisico non è ben percepito durante il periodo del Ramadan”;
  • “Il contatto fisico con le donne è più rigido”;
  • “Il toccare con la mano una donna araba sposata ha portato a disagi”;
  • “Nella cultura somala si ha la tendenza a baciare le mani e questo può essere fonte di disagio”.

Discriminazioni dovute all’accento straniero

Le esperienze riportate dagli operatori hanno mostrato situazioni in cui il migrante è stato discriminato in base al suo accento straniero. Sono inoltre emersi dati interessanti relativi alla percezione di un alto volume di voce come fattore discriminante.

Alcuni esempi riportati dagli operatori:

  • “Spesso nella ricerca di una casa molti proprietari quando sentono che l’utente è straniero rifiutano”;
  • “…capita spesso soprattutto quando, durante una telefonata, il migrante usa un alto volume di voce”;
  • “…tantissimi episodi in cui l’accento è stato motivo di discriminazione, soprattutto in contesti lavorativi”.

La consapevolezza della comunicazione non verbale come risorsa

Le risposte ottenute nel questionario hanno evidenziato che la maggior parte degli operatori è consapevole delle variazioni culturali nella comunicazione non verbale, e ha mostrato inoltre un discreto interesse a seguire un percorso di formazione adeguata sulla comunicazione non verbale interculturale

Il sondaggio tramite questionari è quindi stato utile per comprendere la necessità di una formazione sui linguaggi non verbali interculturali, per raccogliere dati sulle dinamiche di interpretazione del non verbale e per porre le basi per ulteriori indagini che permettano di colmare il vuoto di studi sulla comunicazione non verbale interculturale.

La prima fase del progetto IMPACT ha rappresentato un punto di partenza adeguato per conoscere il punto di vista degli operatori e sviluppare al meglio il secondo progetto che ha avuto come prodotto la creazione del sito web.

Consapevolezza