La cinesica

I movimenti del corpo, le espressioni del volto, lo sguardo e i gesti

M. Grazia Busà, Arianna Notaro, Chiara Facciani

Il termine cinesica si riferisce alla pluralità di posizioni del corpo, gesti e espressioni facciali che ogni parlante assume nelle interazioni.

Il significato di queste componenti della comunicazione non verbale è determinato in gran parte dalla cultura di appartenenza dei parlanti. Questa condiziona, per esempio, l’interpretazione delle espressioni del volto, dello sguardo e dei gesti. 

Le espressioni del volto

Il volto è la parte più esposta del corpo. Qui si concentra la capacità dell’individuo di comunicare, sia involontariamente che volontariamente, le proprie emozioni.

Le ricerche dello psicologo Paul Ekman (1972) mostrano che le espressioni del volto possono essere sia universali sia culturalmente specifiche.

Alcune espressioni, ritenute universali e condivise, riflettono emozioni primarie.

Queste sono le espressioni di:

Rabbia

Paura

Tristezza

Felicità

Sorpresa

Disgusto

Oltre alle espressioni universali esistono anche espressioni del volto che sono apprese culturalmente.

Questi sono gli “emblemi facciali, espressioni che possono essere usate al posto di una parola, come per esempio strizzare l’occhio o sollevare un sopracciglio.

L’interpretazione corretta degli emblemi facciali è legata alla cultura e al contesto.

Alcune espressioni possono quindi essere fraintese se non sono note.

Lo sguardo

Lo sguardo

Lo sguardo è un’importante componente della comunicazione:

Regola le interazioni

Mantenere lo sguardo sull’interlocutore segnala interesse, coinvolgimento, amore. D’altro lato, evitare lo sguardo viene associato con chiusura verso l’altro, mancanza di interesse, falsità, insicurezza, timore.

Fornisce feedback

Lo sguardo, spesso associato ad un cenno del capo, aiuta il parlante a capire se l’interlocutore approva o meno quello che sta dicendo, se può continuare a parlare o deve smettere.

Aiuta a stabilire rapporti di fiducia

Lo sguardo offre una chiave di lettura alle intenzioni e alle emozioni del parlante e aiuta a capire come relazionarsi nella comunicazione.

L’uso dello sguardo può sembrare innato e universale. Tuttavia diversi studi suggeriscono il contrario mostrando come anche lo sguardo sia influenzato dalla cultura.

Per esempio, in alcune culture arabe come l’Egitto, nelle interazioni tra persone dello stesso genere mantenere uno sguardo diretto e prolungato è segnale di ascolto e interesse verso l’interlocutore.

Nelle culture asiatiche, invece, come ad esempio la Cina, incrociare lo sguardo può essere percepito come scortese o aggressivo, di conseguenza si tende a mantenere uno sguardo indiretto.

I gesti

I gesti

Con “gesti” ci riferiamo all’uso delle mani, delle braccia, dei piedi, del capo e del resto del corpo.

Alcuni gesti sono largamente condivisi da molte culture perché sono riconducibili a significati ancestrali. Per esempio, mostrare i palmi delle mani è associato all’idea di non aggressività, pace e apertura verso l’altro. L’associazione di significato è quella di mostrare che le mani non nascondono armi. D’altro lato, i palmi delle mani rivolti verso il basso non permettono all’interlocutore di vedere cosa sia nelle mani del parlante e quindi possono generare nervosismo. Ancor più, i pugni chiusi riflettono un atteggiamento belligerante e quindi rivelano il grado di disaccordo del parlante.

In altri casi l’interpretazione dei gesti è culturale. Questi sono i gesti emblematici, ovvero gesti che hanno un significato ben preciso in una certa cultura e possono essere non capiti o addirittura fraintesi dai parlanti di un’altra cultura. L’italiano è ricco di gesti emblematici: alcuni esempi sono la mano a “borsa” (il pollice tocca tutte le dita) utilizzata per dire “ma che vuoi?”, “ma che dici”, o l’uso della mano a taglio contro la pancia per dire “mangiare” o “avere fame”.

Molti autori (Efron 1941; Ekman & Friesen 1969; McNeill 1992; Kendon 2004) si sono interessati alla gestualità e hanno individuato cinque categorie di gesti:

Emblematici: hanno un significato ben preciso e sono specifici della cultura, non sono quindi facilmente comprensibili da chi non conosce la cultura che ne fa uso.

Gesto pollice su

Un esempio di gesto emblematico è il pollice in su, che ha un significato positivo nel mondo occidentale, mentre in alcune culture come Pakistan, Bangladesh, Ghana, Sudan e Nigeria ha un significato osceno, al pari di un insulto.

Il gesto di tenere il braccio teso o semi teso con la mano chiusa solo tra i polpastrelli, che viene interpretato dagli Italiani comema cosa vuoi?“, in Egitto viene utilizzato  per dire “aspetta per favore” e può essere interpretato anche come minaccia o avvertimento se si tiene la mano vicina al mento e si guarda il soggetto con occhi minacciosi.

Gesto italiano "cosa vuoi?"
Gesto indiano per chiedere "scusa"

Alcuni gesti possono essere complessi da interpretare perché rappresentano dei movimenti nuovi o mai visti prima dagli interlocutori di un’altra cultura.

Per esempio il gesto utilizzato in India di toccarsi i lobi delle orecchie con le mani per chiedere “scusa” può risultare strano se visto da una persona di cultura italiana che non è abituata a vederlo.

Regolatori: sono gesti che mantengono e regolano l’alternarsi dei turni di comunicazione. Ne sono un esempio i cenni con il capo, utilizzati dai parlanti, per mostrare interesse nella comunicazione. Tra i gesti regolatori si possono includere i gesti batonici, caratterizzati da un movimento ritmico delle mani o delle dita dall’alto in basso per scandire ed enfatizzare le sillabe o le parole accentate in una frase.

Rappresentativi: sono gesti la cui funzione è quella di rappresentare, in senso reale o astratto, quello che il parlante sta dicendo.

I gesti rappresentativi comprendono:

I gesti iconici, che vengono utilizzati per rappresentare la forma di un oggetto e renderlo più visibile all’ascoltatore. Per esempio, parlando di una cosa grande un parlante potrebbe fare il gesto di allontanare le mani per indicare uno spazio esteso; d’altro lato, parlando di una cosa piccola il parlante potrebbe avvicinare le mani indicando uno spazio ristretto. Un altro esempio è, riferendosi alla cornetta del telefono fisso, estendere e divaricare il pollice e il mignolo, con le altre dita della mano ripiegate. Per la loro funzione rappresentativa, questi gesti possono essere generalmente compresi anche tra parlanti di culture diverse.

I gesti metaforici, che si riferiscono a concetti astratti e che possono essere usati per rappresentare un concetto a cui si fa riferimento. Per esempio agitare velocemente la mano nell’aria per rappresentare il concetto dello scorrere del tempo, o spostare la mano da destra e sinistra a significare due gruppi distinti di oggetti o persone.

I gesti deittici, che vengono usati con la funzione di indicare un oggetto o un evento. Per esempio gesticolare per dare indicazioni stradali. Possono essere usati anche per indicare concetti astratti come, ad esempio, puntare l’indice dietro le spalle per indicare il tempo passato.

Adattatori: comprendono tutti quei movimenti inconsapevoli, difficili da controllare, che sono strettamente correlati al soddisfacimento di bisogni fisici o all’espressione di stati d’animo. La loro funzione è quella di fornire una forma di rassicurazione al parlante, che si realizza attraverso il contatto fisico. Sono adattatori tutti quei gesti in cui il parlante si aggiusta i capelli, si tocca il volto o una parte del corpo, oppure tocca un oggetto, come una matita, il tavolo, o si tocca gli occhiali mentre sta parlando.